Antichi mestieri del Salento: il lapidario

Nel silenzio delle stradine di Borgagne si può ammirare la lavorazione di una delle bellezze principali che ha caratterizzato l’architettura del Salento: la pietra leccese. Un giro nella bottega di maestro Pantaleo vi farà scoprire ed amare questo materiale, ricco di significati storici, bello da vedere, pieno di luce e solido.

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Blocchi di pietra leccese

Il paesaggio del Salento, colorato così dalle coste e dalla natura, dà origine alla fonte primaria della pietra leccese, sepolta sotto immense distese di vegetazione a tratti anche suggestive da vedere. Il territorio di Melendugno è simbolo di ciò: distese di fitta vegetazione, campagne quasi selvatiche, spiagge basse e sabbiose e strapiombi sul mare, tutto in poco più di venti chilometri.

Le origini di questo materiale sono antichissime: la pietra leccese risale addirittura al periodo del Miocenico (epoca geologica ascrivibile a un periodo che va da 23,03 milioni di anni fa a 5,32 in cui continuò il sollevamento della Catena Alpina e, in Europa, si formarono importanti catene montuose come i Pirenei e i Carpazi).

La pietra leccese è uno dei capisaldi dell’architettura salentina. Essa affiora in modo naturale dal terreno in cave immense, profonde anche cinquanta metri. Di colorazione bianca o giallo paglierino, ha una delle sue particolarità nella presenza all’interno di piccoli fossili che arricchiscono la struttura. Anche argille e quarzi si aggiungono a una serie di minerali che la fortificano e la rendono ancora più affascinante.

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Camini in pietra leccese

Questo materiale è così andato a diffondersi nell’arte e nell’architettura. I perché? La sua malleabilità, data dalle componenti argillose, la rende facile da lavorare. In più è agevole da estrarre. Fino al secolo scorso il procedimento di estrazione avveniva a mano. Soltanto in epoca recentissima delle macchine hanno accelerato questo vitale processo, indotto dall’esperienza dei “cavamonti”, gli anziani esperti estrattori che individuavano le aree più ricche e sicure.

La diffusione della pietra leccese esplose nel Seicento. Basta fare un giro tra le vie del centro storico di Lecce per ammirare l’immenso patrimonio di opere barocche volute da autorità religiose e civili in tutti i punti d’interesse della penisola Salentina. Fregi, stemmi pieni di ornamenti e curve sinuose in ogni struttura si diffusero sin dagli anni immediatamente successivi alla Battaglia di Lepanto (1571).

Come spesso accadeva in antichità, il mestiere era tramandato di padre in figlio. Pantaleo ha iniziato a lavorare con lo scalpello a 12 anni, sotto l’ala dello zio già maestro lapidario e con i preziosi consigli del padre, abile e riconosciuto in tutta la Puglia come costruttore di trulli e furnieddhri.

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Camini, figure e piccole costruzioni

Oltre che una necessità e una missione di famiglia, la pietra leccese per maestro Pantaleo è una passione. Lo si avverte ascoltandolo mentre descrive le sue opere nel laboratorio di via IV Novembre a Borgagne, a pochi passi da Piazza Sant’Antonio e dalla Chiesa di Presentazione del Signore.

Ma come nasce un’opera in pietra leccese? Esperienza, istinto e sfrontatezza, sancisce il lapidario camminando tra le sue creature. L’idea nasce già dalla scelta del blocco in pietra. Guardando sommariamente la fisionomia dell’enorme rettangolo bianco arriva già l’intenzione di quale sia il prodotto finito, da plasmare via via con maestria e attenzione al minimo dettaglio.

Non sempre è così. Spesso, soprattutto per figure e creazioni piene di dettagli, è utile tracciare una bozza su carta o tela. La parte interna del piccolo laboratorio del lapidario è infatti riservata a questi disegni di icone che richiamano gli stemmi araldici delle famiglie nobiliari.

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Figure e camini in pietra leccese

Le opere preferite di maestro Pantaleo sono però le figure e i camini. I due lati dell’ingresso della bottega sono infatti pieni di queste creazioni, richieste in tutto il Salento e non solo. Molti clienti del lapidario, infatti, sono dei turisti che, innamorati della nostra terra, decidono di arredare le proprie abitazioni con la pietra leccese.

Il recupero delle tradizioni antiche sta anche nelle piccole costruzioni scolpite con la pietra leccese. Il lapidario di Borgagne spiega il perché della scelta di mettere su delle casette a tegole. Questa forma costruttiva, lo spiega con orgoglio, era diffusa nel Salento già nel Seicento, molto prima che nascessero i soffitti a volta.

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Piccole casette a tegole in pietra leccese

La giornata tipo è spesso coordinata con le esigenze dei vicini di via IV Novembre, una sorta di famiglia allargata che vive in simbiosi da decenni. Non ci sono orari fissi. I lavori cominciano di buon’ora, soprattutto in estate, salvo poi registrare una pausa a metà mattinata per riprendere poi nel tardo pomeriggio. Questo per non disturbare il vicinato con polveri e rumori delle attrezzature.

Le soddisfazioni del lapidario sono racchiuse proprio nel riconoscimento e nell’ammirazione che tutti gli avventori del suo laboratorio palesano di fronte a ogni opera e ogniqualvolta ricevono un suo prodotto. Spesso ripete che questa sensazione ha ripagato e continua a ripagare tutti i periodi di “magra” economica.

Il lapidario, per maestro Pantaleo, non è soltanto un mestiere, è una vocazione. E’ emblematico il suo pensiero quando si parla dei sacrifici e del lavoro quotidiano. “Sarà la mia passione fino all’ultimo giorno di vita”. Basta questo per capire che, a Borgagne e nel Salento, la pietra leccese non scolpisce soltanto secolari elementi architettonici…

 


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